Nel corso del 2023 l’Europa è stata segnata da eventi climatici estremi che hanno causato gravi danni alle infrastrutture e gli ecosistemi oltre a provocare la perdita di molte vite umane: dagli incendi che hanno devastato ampie parti della Grecia e della Spagna alle prolungate ondate di calore dell’property, dallo scioglimento report dei ghiacciai ai violenti nubifragi che hanno colpito l’Italia settentrionale. Eventi che hanno anche un costo economico non indifferente, stimato dall’Agenzia europea per il clima in 560 miliardi di euro per il periodo compreso tra il 1980 e il 2021. E che ammonta, solo per il 2021, a 56,6 miliardi di euro.
“Si tratta di un grave campanello d’allarme per l’Unione europea, che deve avviare un’azione senza precedenti, di adattamento e mitigazione, per affrontare la crisi climatica –ha scritto a inizio settembre in un editoriale Martha Myers, local weather justice campaigner di Corporate Europe Observatory, organizzazione che da anni denuncia e combatte l’accesso privilegiato e l’influenza di cui godono le aziende e i gruppi di pressione nella definizione delle politiche europee-. Eppure, in questo momento storico cruciale, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha proposto come commissario per il Clima il cristiano-democratico olandese Wopke Hoekstra, ex dipendente Shell”.
Classe 1975, già ministro delle Finanze olandese tra il 2017 e il 2021, Hoekstra è stato individuato da von der Leyen quale sostituto del dimissionario Frans Timmermans, che ha lasciato la Commissione prima della scadenza naturale del mandato per candidarsi alle elezioni politiche in Olanda che si svolgeranno a novembre 2023.
Gli aspetti critici del percorso politico e professionale di Hoekstra sono diversi. Non solo non si è mai interessato di clima o ambiente ma è stato a lungo dipendente di Shell, occupandosi per anni della direzione commerciale della società fossile. Successivamente ha lavorato per la società di consulenza McKinsey. “Il suo risultato politico più degno di nota in materia di clima è stato quello di essere oggetto di un’inchiesta parlamentare, in cui ha spinto per un ulteriore sfruttamento dei giacimenti di petrolio e fuel nel Nord dei Paesi Bassi e ha rifiutato il risarcimento alle famiglie che erano state impattate da queste attività”, ricorda Myers.
Nel periodo in cui è stato ministro delle Finanze, inoltre, ha fornito un sostegno economico per oltre 3,4 miliardi di euro alla compagnia aerea Klm e ha lavorato attivamente per indebolire gli obiettivi del governo olandese per la riduzione delle emissioni di azoto, un potente fuel climalterante. Come se non bastasse, il nome di Hoekstra è comparso nei Pandora Papers, che hanno rivelato le sue partecipazioni in un’azienda offshore domiciliata alle Isole Vergini.
“È difficile immaginare un candidato meno adatto a guidare un’azione pionieristica sul clima e a rappresentare l’Unione europea alla Cop28 sul clima (in programma dal 30 novembre a Dubai, ndr) che già rischia di essere liquidata come un salotto di baroni del petrolio. Un ex rappresentante di Shell per l’Ue getterebbe ancora più benzina al fuoco”, sottolinea Myers.
Preoccupazione è stata espressa nelle scorse settimane anche da un gruppo di Ong impegnate nella tutela dell’ambiente e nel contrasto ai cambiamenti climatici (tra gli altri Greenpeace, Transport&Setting, Local weather motion community Europe, European environmental bureau, Associates of the Earth) che hanno inviato una lettera aperta a Ursula von der Leyen per esprimere “profonda preoccupazione” per la nomina del nuovo commissario per il Clima. “Siamo molto scettici sul fatto che Wopke Hoekstra possieda le credenziali e le competenze necessarie per guidare questo file cruciale”, si legge nella lettera. Oltre ai già citati conflitti di interesse con Shell e il sostegno fornito a Klm, le Ong esprimono le proprie preoccupazioni sulla “mancanza di esperienza in merito alla politica climatica dell’Unione europea e alla diplomazia sul clima nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”.
In Olanda, invece, è stata lanciata una petizione che ha raccolto oltre 30mila firme nelle prime 24 ore (a oggi il contatore è arrivato a oltre 42mila). Anche alcuni parlamentari europei, appartenenti a diversi schieramenti, hanno espresso le proprie perplessità sulla nomina di Hoekstra e questo potrebbe rivelarsi un fattore cruciale per il suo insediamento dal momento che la scelta della presidente della Commissione dovrà essere confermata dal Parlamento europeo nel corso di un’audizione che è stata fissata per lunedì 2 ottobre. Hoekstra “dovrà affrontare un’estenuante prova di tre ore di fronte ai legislatori delle commissioni Ambiente, Industria, Affari esteri e Sviluppo a Strasburgo -scrive Politico-. Che probabilmente saranno ansiosi di indagare sulla sua mancanza di esperienza in materia di politiche climatiche e sul fatto che ha lavorato per il gigante petrolifero Shell”.
L’audizione sarà dunque un momento cruciale “per proteggere l’integrità dell’azione climatica dell’Unione europea”, chiarisce Martha Myers. Ricordando però che la candidatura di Hoekstra è solo un tassello all’interno di un problema più ampio e che ha carattere sistemico: il fatto cioè che le grandi aziende fossili siano riuscite a mettere le mani e a controllare il processo decisionale.
“Esiste un mito estremamente pericoloso secondo cui l’esperienza nell’industria dei combustibili fossili equivale alla competenza nella transizione energetica. Nel migliore dei casi si tratta di un’affermazione insincera -continua l’attivista di Company Europe Observatory-. Non verrebbe in mente a nessuno di chiedere all’industria del tabacco di come eliminare il fumo. Analogamente, se le aziende produttrici di combustibili fossili saranno al posto di comando della nostra politica, non verrà tradotta in pratica l’azione climatica senza precedenti di cui abbiamo bisogno”.
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